THE SPANK

Si chiama “two-hander” e trattasi di un testo teatrale concepito per due soli personaggi. Ne bastano due per mettere a fuoco un intero universo di relazioni, pensieri e contesti che raccontano situazioni o vicende narrative affidate ad una conversazione calibrata sui ritmi vocali, prossemici e interpretativi. È questa la forma che la felice scrittura del pakistano Hanif Kureishi ha dato a “The Spank”, partitura calibrata perfettamente sulle taglie dei due protagonisti della versione italiana, Filippo Dini e Valerio Binasco, ora e fino al 13 febbraio, in scena al Teatro Parioli di Roma per la regia di Filippo Dini.

Le graffianti stilettate della penna dell’autore, che avevamo potuto già apprezzare in brillanti sceneggiature cinematografiche a partire da “My beautiful Launderette”, come anche in opere teatrali (da “The King and Me”) e romanzi (il suo primo lavoro è stato il semi autobiografico “The Buddha of Suburbia”), continuano a scuotere neuroni e sentimenti sui rapporti affettivi. In questo caso il dentista Sonny (Binasco) mette a repentaglio il proprio equilibrio familiare non tanto intraprendendo una storia extra-coniugale che segna in qualche modo una sua rinascita interiore come uomo, quanto rivelando il suo segreto proprio all’amico Vargas (Dini), farmacista e di vedute ben più strette, che a sua volta lo confiderà alla propria moglie, accendendo la miccia di una bomba che cambierà le vite di tutti. Nina, indispettita per il tradimento del migliore amico di suo marito, lo farà infatti sapere alla moglie del fedigrafo, sua amica, e ne saranno coinvolti anche tutti i rispettivi figli con un “parla parla” che si diffonderà a macchia d’olio, costringendo inizialmente Sonny a isolarsi in un motel di infima categoria e poi a riprendersi la sua vita seguendo il proprio istinto ragionato. Senza rivelare finali e compromessi, possiamo affermare che la mutazione della parola scritta in gesto e interpretazione è stata studiata e applicata nel dettaglio – in questo la partecipazione dell’autore e sua fiducia professionale nell’operazione di Dini è stata strategica – e ha consentito agli spettatori di godere le quasi due ore ininterrotte di spettacolo con un frenetico ritmo non solo nel porgere, catturare e ribattere la battuta “ad effetto” (spesso nel momento potenzialmente più drammatico e silenzioso) ma nella cinesi delle azioni e del dinamismo fisico nel bel mezzo di uno spazio claustrofobico, il seminterrato di un pub, “The spank” appunto. La cornice scenografica che ha segnato negli anni il sodalizio dei due amici di lunga data, con incontri abitudinari per parlare dell’evoluzione delle proprie vite, è la stessa che ne contestualizza il rispettivo allontanamento, generando una separazione che causa nell’uno l’esplosione dalle proprie frustrazioni e nell’altro la riflessione che il perbenismo e rigore possono rendere a lungo andare un’infelicità circolare da cui non si è capaci di uscire.

Se commedia e dramma stile “stream of consciousness” si alternano nella scrittura, la mise en espace della versatilità e punteggiatura cromatica interpretativa dei due attori conferisce a nostro avviso una maggiore leggerezza alla tematica di introspezione, e crediamo che il merito sia in parte della eccelsa traduzione letteraria in parte nel flusso magnetico di “presenza scenica” che Binasco e Dini tengono sempre altissima. Lo sguardo li segue, l’orecchio li ascolta e mentre ridiamo (in continuazione, specie su paradossi e assurdità situazionali) riflettiamo sul senso dell’amicizia. Inavvertitamente, con la sua trasparenza comunicativa coniugale, Vargas scatena una tragedia ma libera la coscienza di Sonny dall’ovatta di un’esistenza formale ed acquisita e, a sua volta, lui stesso ci rimane, non solo a parole, imprigionato. Qual è il senso della forma e di un apparato familiare costruito sulle abitudini e perbenismo se non si levano i punti da certe cicatrici interiori che si sono autogeneratesi involontariamente? Ci sono domande che i due amici si continuano a fare sul rapporto tra i sentimenti e i ruoli ed una tra tutte, quasi una fucilata, è la seguente: “perché abbiamo paura dei nostri figli”? Il condizionamento scaturito dalle funzioni che ci sono state servite conduce ad una risoluzione solo attraverso un trauma seguito da una meditazione sull’accaduto. Nessun atto futuro potrà riportarci quel passato che ci ha lasciato per un nostro (istintivamente necessario) errore, cosi come, come professa a un certo punto il testo “le medicine non ci daranno mai l’amore”. È la Natura che fa il suo corso ed è la vera Amicizia che la alimenta, a volte fino a provocarne deviazioni inaspettate.

“The spank”, una produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale (per gentile concessione di The Agency, London), ha debuttato in prima assoluta al Teatro Carignano di Torino lo scorso maggio. E ora, anche a Roma, è uno spettacolo da non perdere assolutamente! Non perdete, infine, la lettura dell’opuscolo presente in teatro dove sono pubblicate due preziose interviste, a Kureishi e a Dini, ad opera della ottima traduttrice Monica Capuani.

Fonte

Elisabetta Castiglioni