NUDO

Michael Pergolani si mette a nudo e scrive una monumentale autobiografia che rivela la sua vita intensa e rivoluzionaria, apparentemente bohémienne ma pilotata da una trasgressione che diventa la chiave per stabilire delle relazioni inossidabili, prima di tutto con se stesso. Questo volume di 457 pagine uscito da poco per “L’altracittà” è NUDO, un racconto interiore che possiamo valutare a pieni voti per la sua originalità e la notiziabilità enciclopedica su costumi, aneddoti del backstage e geografie mentali e storiche che coprono settant’anni circa di vicende familiari, professionali e sociali, pilotate da una passione imprescindibile, la musica, e governate da una ricerca di affetti amorosi verso un lato femminile che pochi osano ammettere di possedere, e con cui l’autore si confronta in continuazione.
Un libro autentico insomma quello che il critico musicale dalla fortunata penna e diretto giudizio – intrattenitore negli anni Settanta dello storico programma “L’altra domenica” con le sue incursioni londinesi, nonché scopritore di talenti musicali per la Rai in età matura (chi non ricorda “Demo”?) e molto altro… – ha deciso di scrivere partendo da uno strategico punto di partenza e di riferimento, la sua data di nascita, ovvero quel 14 gennaio che ricorre nell’apertura di mille ricordi frastagliati che si rincorrono, giocando, nella sua mente. Ma attenzione perché il volume va letto tutto d’un fiato: non possiede maiuscole, non ha una cronologia temporale lineare, ha molteplici trampolini da cui lo spericolato autore si getta per affondare nel particolare delle sue incredibili vicende quasi extraterrestri, con tanto sesso droga e rock and roll. Unico aiuto, oltre alla concentrazione di una memoria che scava nel passato, reperti fotografici e articoli (di cui è parte anche una corposa appendice in finale) che raccontano pezzi di autentica storia della musica, soprattutto “borderline”, a contatto con i suoi protagonisti (anni 70 e 80 in prima linea). Quando ne approcciamo la lettura, scopriamo l’uomo e l’artista che si sorprende da solo, scrivendo, ma percepiamo anche una fotografia sociale di storia nella storia, dal nazismo agli hippy, dalle ossessioni giovanili della rivoluzione antiborghese alla calma apparente degli apparati burocratici (RAI in prima battuta), pronti a respingere gli anticonformisti. Il tutto spurgato dai continui conati di un eterno ragazzo innamorato di un tipo di vita che si ossigena con varie forme di libertà, rifuggendo ostili ostacoli e cercando opportunità “altre” rispetto alla strada maestra.
Le pagine di estasi si confondono a quelle del dolore – nel rapporto con madre, padre, fratelli, amici, compagne di un attimo o di un tempo più allungato e datori di lavoro – raggiungendo vette di struggente poesia nella prosa, ma con l’ulteriore aggiunta di lirica e versi in specifici contesti (tra citazioni e componimenti personali), che rappresentano i blocchi emotivi su cui spezzare il ritmo dell’opera, creando pause di riflessione al costante flusso di incisive parole.
Quella di Pergolani è una voce attenta alla descrizione del dettaglio con una precisa micropunteggiatura, sebbene al contempo provocatoria proprio nella volontà di abbattimento delle lettere maiuscole (quindi via i nomi propri, gli inizi di frase, i titoli…): una scelta di spiazzamento che porta il lettore ad una maggior concentrazione ma che simboleggia anche uno tsunami della memoria derivato da un’esplosione interna che erutta schegge impazzite a cavallo di una penna imbizzarrita per lasciare poi le proprie tracce su una spiaggia in recessione, meta di un violento naufragio interiore, il presente. L’autore fissa i suoi pensieri velocemente, quasi a mo’ di rap, e proprio come questo espone in incisive sillabe concetti legati a una doppia epoca, singola e collettiva, nella quale ci si può anche non rispecchiare per motivi personali o generazionali, ma che è portatrice di umana espressività, e di storia. Un percorso “nudo” che si fa esso stesso musica e incarna un linguaggio di gioia, disperazione, emozione comunque mai sprecata. Da Lubecca, suo luogo di nascita, a Roma, Da Londra ad Amsterdam e altrettante tappe, sono molteplici i luoghi che l’autore ritrova in questo suo monologo interiore: un dialogo sincero con la pagina, salato in ogni situazione da avventure miste di fiaba, pulp, surrealismo, sesso, pericolo, e che proprio per questo ci tengono adrenalinicamente incollati alla riga con gli occhi.
Basterebbe la copertina del libro a farci venire voglia di leggerlo: “Miki” è nudo nella vasca da bagno in procinto di stendere un articolo con la sua classica macchina da scrivere (forse per “Ciao 2001”? per “Tuttifrutti”? per “Playmen”?); accanto a lui una donna in sottoveste, curiosa. La disinibizione più totale; gli sguardi concentrati sull’opera in fieri… Ciò che conta è l’essere, non l’apparire. O forse è l’emblema di un impudicismo di cui forse si è ancora orgogliosi in quanto segno di anticonformismo e lotta ai pregiudizi e le regole del bon ton istituzionale… Interessanti, a tale proposito, gli attacchi diretti del corrispondente RAI Sandro Paternostro a Pergolani all’epoca dei collegamenti per Arbore, come anche gli episodi di licenziamenti pregiudizievoli e inaspettati del ribelle Pergolani da redazioni di riviste e programmi radiofonici: una parabola continua che lascia trasparire una purezza di spirito allo stato cubo per non avere mai, tanto nella vita pubblica che in quella privata, rinunciato alla propria essenza. Non ideali ma azioni, non idee ma fatti, comandati da uno sguardo istintivo al di fronte, al di fianco, al di dietro (per evitare troppe pugnalate), capace di guidare il giusto movimento di equilibrio tra corpo e mente purché si resti sempre connessi a se stessi, e mai isolati.
Ma oltre a questo, c’è dell’altro: uno “stream of consciousness” che è più toccante di qualsiasi seduta psicoanalitica, alla ricerca di motivazioni edipiche nel rapporto con la bella madre tedesca che però lo ha abbandonato ai nonni per i primi quattro anni di vita, all’analisi delle sue Cleopatre interiori che apparentemente riflette nelle sue fugaci accompagnatrici di esperienze affettivo-sessuali, fino all’esplorazione dei suoi artisti tramite interviste, rapporti di amicizia, screening psicotici e folgorazioni: da Bob Marley in studio di registrazione a Jimi Hendrix capitato casualmente in un ristorante romano, da Frank Zappa a Francis Bacon tra i ritratti più illustri e memorabilmente descritti dal giornalista e fotografo Pergolani.
In “Nudo” l’ordine temporale insegue se stesso con flashback e forward continui: trattasi di un’operazione spontanea che può destrutturare la forma ratio mentis del lettore ma che vede vincente la tecnica di inghiottire rapidamente la pagina, se non altro per tentare di stare al passo con il suo artefice e fargli compagnia, elaborando solo alla fine la quantita di occasioni che questa lunga carriera esistenziale gli ha offerto su un piatto d’argento e in cui si è, coraggiosamente e senza colpo ferire, messo alla prova. Una prova sicuramente, anche letterariamente parlando, di eccelsa autorialità.

Fonte

Elisabetta Castiglioni