Restituire l’attualità del Tredicesimo secolo e scavare in un sottotesto narrativo che, alla luce della storia, avvicina ai costumi, pensieri e dibattiti sulla morale e sulla psiche onnipresenti nella società contemporanea è quanto di più audace e ambizioso possa rappresentarsi. Ma se a firmare cinematograficamente tale operazione sono le quattro mani (e menti) di una regista di successo insieme ad un (fino ad ora) attore che sulla filologia del copione ha improntato la sua filosofia interpretativa e se il soggetto prescelto per contestualizzare le paure e le contraddizioni di un’epoca è stato un eremita divenuto per caso Papa, allora la notiziabilità è certa e la curiosità si accresce. Il documentario “Celestino V” di Cinzia TH Torrini e Ralph Palka supera di gran lunga ogni attesa non solo per riportare alla luce una vicenda storica che pochi ricordano e forse solo accennata nei libri scolastici ma perché, con il termometro di passione per l’argomento, tecnica narrativa e visione intima di un personaggio che scelse di vivere in silenzio e, sopraffatto per un breve periodo dall’aura di una responsabilità troppo grande decise di tornarci, riesce a interessare una platea multigenerazionale che ne apprezzerà il ritmo, la fotografia, l’umanità di grande impatto del protagonista (l’attore canadese Marc Fiorini) ma soprattutto – udite udite – le testimonianze di storici, giornalisti, studiosi e figure ecclesiastiche.
Il motore narrativo dell’opera è infatti scandito dal serrato montaggio dei contenuti narrati dai personaggi intervistati che su Celestino V hanno rivolto il proprio sguardo: Alessandra Bartolomei Romagnoli (Docente alla Pontificia Università Gregoriana e autrice del libro Celestino V. Il papa eremita), Walter Capezzali (Presidente della Deputazione Abruzzese di Storia Patria e autore del libro Gli Archivi celestini nel XVII secolo), Fabio de Paolis (Proprietario del Castello di Fumone), Barbara Frale (Storica ed autrice del libro L’inganno del gran rifiuto. La vera storia di Celestino V), Maria Grazia Lopardi (Autrice del libro Celestino V e il tesoro dei Templari), Angelo De Nicola (Giornalista e autore del libro Il mito di Celestino), Don Carmelo Pagano Le Rose Autore del libro L’autobiografia e il codice di s. Pietro Celestino V), Floro Panti (Presidente Movimento Celestiniano e autore del libro S. Pietro del Morrone. Celestino V e la Congregazione dei Celestini), Agostino Paravicini Bagliani (Docente di Storia medievale, Presidente della Società Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino e autore del libro Bonifacio VIII), Padre Francescano Quirino Salomone (Padre Spirituale del Movimento Celestiniano). Una lunga sfilza di nomi che funge, lungo tutto il lungometraggio, da narratore onnipresente alle vicende di Pietro dal Morrone. Gli ultimi quattro anni della vita del Santo – che rinunciò allo scomodo ruolo di Papa per scegliere la preghiera, la semplicità di vita e il contatto con la natura e che, per questo fu condannato da quella Chiesa legata al Potere in cui non si riconosceva (e forse assassinato per questo) – rivivono in un racconto che si avvale tanto del metodo “fiction” quanto del riutilizzo creativo della documentazione d’archivio, condito da voci, suoni (e soprattutto silenzi), musiche originali (bellissime e incisive!), immagini di storia dell’arte raffiguranti un’epoca di chiusura morale (frutto di un’attenta selezione artistica) quanto ancora di una “suspence” tipica del giallo che tiene incollato lo spettatore alla visione.
“Ho preso a cuore il “mito Celestino” – ha dichiarato Cinzia TH Torrini alla proiezione in Vaticano – soprattutto per gli ultimi quattro anni della vita di Pietro del Marrone, che si leggono come una sceneggiatura in cui non mancano dinamiche drammatiche. Si presentano come un’affascinante storia piena di intrighi, di giochi di potere e colpi di scena, nei quali accanto al nostro Santo si trovano altri grandi protagonisti come il re di Napoli Carlo II d’Angiò (lo zoppico) e il cardinale Benedetto Gaetani, succeduto a Celestino V come Papa Bonifacio VIII. In un secondo momento sulla scena entra anche Filippo il Bello, Re di Francia, lo storico avversario di Bonifacio VIII. La fatalità del drammatico destino di Pietro, che finì la sua vita da prigioniero nel castello di Fumone, sta proprio nella sua grande fede, che nella vecchiaia diventò la causa della sua gloria e della sua rovina.
Che sarà il grande o il piccolo schermo ad ospitarlo (e ci auguriamo che “Celestino V. Il Papa fuori dal mondo” abbia una distribuzione internazionale in ogni ambito festivaliero e di largo consumo, come anche negli istituti scolastici), è indubbio, a nostro avviso, che questa preziosa opera desterà interesse anche per la sua sorprendente attualità con temi e situazioni che ci circondano (ogni riferimento a religione e politica non sembra essere puramente casuale anche se, effettivamente, la storia può ripetersi). Plauso dunque ad una sfida documentaristica che è riuscita a mescolare, con la sola evidenza dei pur remoti accadimenti, invenzione e realtà con argomenti di geopolitica, psicoanalisi, costume, ambiente, teologia, etica (e anche uno spirito di benessere yogico, perché no?) sotto la duplice chiave di Vero e Mistero, illuminati da una straordinaria cornice, quell’Abruzzo che ancora oggi ricorda Pietro da Morrione, alias Celestino V attraverso la festività religiosa della Perdonanza.
Note storiche
La vita del pio eremita Pietro da Morrione esercita ancora oggi un grande fascino: un uomo di fede che scelse la preghiera, la meditazione e il silenzio tra le vette della Maiella, e che ottantenne fu eletto al soglio pontificio con il nome di Celestino V, per poi presto rinunciarvi, scegliendo di tornare ad una vita ascetica. Gli avvenimenti legati al famoso “gran rifiuto” di Celestino V, che Dante descrive nella sua Divina Commedia, fanno parte di uno degli episodi storici più discussi del Medioevo. La fine del Duecento è caratterizzata da grandi tensioni geopolitiche: con la crescita di formazioni politiche che tendevano ad organizzarsi in stati nazionali, si stavano ponendo le basi dell’assolutismo moderno. Il Duecento fu anche un grande secolo per l’eremitismo, espressione della volontà di incarnare un cristianesimo più povero, semplice, essenziale. Gli eremiti che si rifugiavano ai margini della nuova civiltà urbana e popolavano le foreste europee, cercavano di dimenticare nei selvaggi ambienti naturali, i rumori di un secolo attraversato da inquietudini religiose profonde. In retrospettiva, gli eventi del 1294 con l’incoronazione e la rinuncia del Papa Celestino V segnarono una svolta decisiva, un punto di non ritorno, per la chiesa e la coscienza europea al tramonto del Medioevo. Furono caratterizzati dallo scontro fra la Ecclesia Carnalis rappresentata da Bonifacio VIII, e la Ecclesia Spiritualis costituita dalle brulicanti “sette pauperistiche”, ben rappresentate da Francesco d’Assisi, Jacopone da Todi e Celestino V. L’importanza del suo pontificato è ancora oggi presente nella festività religiosa della Perdonanza (iscritta alla Lista del Patrimonio Immateriale dell’Unesco nel 2019), che dalla sua prima edizione nel 1294 si festeggia ogni anno il 28 e 29 agosto nella basilica di Santa Maria di Collemaggio a L’Aquila, costruita per sua stessa volontà e consacrata nel 1288. La concessione dell’indulgenza, ovvero la Bolla del Perdono, è un gesto di altissimo valore simbolico e spirituale che può essere assunto quasi come una chiave di lettura del pontificato celestiniano. Con la visita di Papa Francesco all’Aquila del 28 agosto è la prima volta in 728 anni di storia che un Papa ha aperto la Porta Santa della basilica di Collemaggio.